Eraldo Canegallo
Giusolana, 21 giugno 1792. Caterina Squadrelli riceve
(finalmente) il saldo della sua dote.
Il 21 giugno 1792, a Giusolana,
frazione del comune di Sant’Agata, in
una saletta superiore della casa
di Giovanni Squadrelli fu Lucc’Andrea,
viene stipulato l’atto di conferimento di dote a Caterina, figlia di Giovanni Squadrelli,
in favore di Fedele Maria Vaccari,
di lei marito.
Sono presenti Giovanni Squadrelli, sua figlia Caterina, Fedele Maria
Vaccari, suo cugino Don Giuseppe Vaccari
(che, sembra di intuire tra le righe, doveva esercitare la funzione di
componente autorevole o dominante della famiglia di Fedele), il notaio Giulio Domenico Calvi di
Sant’Agata e due testimoni, Francesco Bellingeri
fu Carlo e Gerolamo Ottone del vivente Pietro Giovanni ambi nativi ed
abitanti del luogo di Sant'Agata, testimoni richiesti astanti, cogniti.
Caterina Squadrelli
e Fedele Maria Vaccari si
erano sposati nel 1771, cioè 21 anni prima. Il padre di Caterina aveva allora
promesso la dote (di cui aveva dato un anticipo nel 1773) ed aveva fornito alla figlia
il corredo, o agreo, come viene scritto
nell’atto notarile utilizzando un
vocabolo che è ancora oggi noto nel
dialetto locale (agré).
Non
essendosi fino a quel momento stilato
nessun documento in merito, viene convocato il regio notaro
Giulio Domenico Calvi per provvedervi.
Nella parte iniziale del documento
si legge come fino del mese di febbraio dell'anno
millesettecentosettantuno, o altro più vero tempo siano seguiti gli sponsali (ossia
promessa di matrimonio) a
quali è poscia susseguito il matrimonio tra Fedele Maria
Vaccari fu Mr. Giambattista, e Cattarina
figlia del vivente Sig. Giovanni Squadrelli
tutti nativi ed abitanti di questo luogo, mediante la promessa dote, ed assegnato
agreo.
Il documento prosegue spiegando che il padre ha assegnato
alla figlia Caterina una dote di lire 450 di
Piemonte, delle quali 150 furono sborzate
e pagate il 4 novembre 1773 da detto Giovanni Squadrelli
di concerto dello stesso Fedele Maria Vaccari al Reverendo Prete Sig.
Don Giuseppe Vaccari di lui cugino (con cui vive
tutt'ora in perfetta comunione).
Il giorno in cui si stipula l’atto
di costituzione di dote le restanti 300 lire di Piemonte vengono dal predetto Sig Giovanni Squadrelli effettivamente
in tante buone monete d'oro, argento, ed altre valute correnti in supplemento
sborsate e pagate alla predetta Cattarina di lui
figlia, ossia per essa alli predetti Molto Reverendo
Prete Sig. Don Giuseppe e Fedele Maria
Vaccari suoi cugino e marito rispettivamente.
I due cugini Vaccari eseguono la reale
numerazione e ricognizione d'esse presso loro ritirate, imborzate
e ritenute alla presenza del notaio e dei due testimoni; dichiarano inoltre
d’aver ricevuto da Giovanni Squadrelli l'agreo asseganto e che assegna alla predetta Cattarina
sua figlia.
L’importo della dote ( 450 lire di
Piemonte) e la consistenza del corredo
costituiscono una testimonianza indiretta della solida posizione economica
della famiglia di Giovanni Squadrelli.
Da documenti presenti nell’Archivio Comunale di Sant’Agata ( i Testimoniali) risulta che nel 1792 la famiglia di Giovanni Squadrelli era composta da 11 persone, e che a Giusolana le famiglie Squadrelli
erano 9, contando in tutto 51 componenti
(di cui 10 bambini di età inferiore ai sette anni), costituendo il 29,31% della
popolazione di Giusolana e l’8,68% dell’intero comune
(in quel tempo composto solo dal capoluogo Sant’Agata e dalla frazione Giusolana. Podigliano con Torre
Sterpi era comune e solo successivamente fu accorpato a Sant’Agata).
Dal catasto del 1761 conservato presso l’Archivio di Stato di
Torino risulta che le famiglie Squadrelli
possedevano nel solo comune di
Sant’Agata 778 pertiche di
terreno, cioè il 7, 29% su un
totale del comune di 8297 pertiche.
Il valore della dote e la
consistenza dell’agreo
risultano ancora più significativi
comparandoli gli altri atti di conferimento di dote stilati in quegli anni nel comune
di Sant’Agata e nei paesi vicini. Parecchi di
questi atti denotano le povere condizioni materiali delle persone, ed
alcuni ne fanno comprendere addirittura l’indigenza.
L’elenco dei componenti il corredo ci fornisce una interessante
documentazione di come vestiva durante i giorni festivi e quelli lavorativi, di come si ornava di gioielli,
di quali altri prodotti tessili utilizzava per la sua casa una giovane donna
proveniente da una famiglia di buona
condizione economica della nostra zona in quel tempo.
Per la confezione degli abiti di Caterina, oltre a tessuti non
pregiati che venivano prodotti localmente da tessitrici dette nei documenti
coevi mastre da tela che usavano il telaio nella propria casa, vengono
utilizzati anche tessuti pregevoli, di
lana, di seta o di cotone (che allora
aveva incominciato ad essere un prodotto alla portata anche di ceti meno ricchi), e che venivano prodotti
da aziende manifatturiere italiane o straniere.
L’agreo di Caterina comprende:
Camiscie numero diciotto di tela di lino
Busti due di moella (tessuto di lana con armatura simile
alla seta) uno di firiseletta, una di sarglia di Londra (sargia, tessuto di lana pettinata), due di calamandra tutti con maniche, e festivi, ed altri tre
neri per i giorni di lavoro senza maniche, di calamandra
Soche (gonne): una di moella, altra di firiseletta fine, altra di grisetta
(stoffa di lana o di lana e seta), una
di fanella, una di dobletto
(panno di lino e bambagia o seta,
a coste rilevate o a spina, di provenienza francese, ma tessuto anche a Napoli), altra di seta e bombace (bambagina, tela di
bambagia) tutte nuove per i giorni festivi, ed altre tre pur se nuove fatte
nel lino per i giorni di lavoro
Scossali (grembiuli) uno di mussolina (tessuto
leggero di lana, cotone o seta), altro di calanca, due di cambrale (cambrì, tela di cotone fine, fabbricata a Cambrai), altro di lino fatto a cordonetto
(tessuto con fili ritorti insieme), altro d'indiana (stoffa di
cotone stampata con colori vivaci), ed altro di tela di lino turchino tutti
nuovi, oltre ad altri tre per i giorni da lavoro di bombace
e canepa.
Una camisola
di gandino nuova ed altra pure di gandino
usata
Fazzoletti: due di seta, tre di bonbacetta,
uno di mussolina
Due giubboni di dobletto
entrambi nuovi
Calzette due paia di lana rosse per
l'inverno ed altro paia per l'estate.
Tre fili di granati ed altri tre fili di
coralli rossi.
Una crocetta d'oro, un paia anelette d'oro, una guggia
d'argento per la testa ( ago
che serviva a tenere fissi i capelli raccolti a crocchia, in
dialetto ciurén), tre paia di scarpe, una fascia
di cambrale ed altra di bombace
fatte a cordonetto, un supro
capo co’ suoi pizzi, un osletto
(colletto) pure co’ suoi pizzi, un copertone
di calanca imbottito e pieno di cottone, una cassa di legno di noce nuovo con sua
serratura e chiave, cinque fodrette e tre piumazzi (cuscini), due tovaglie di lino e canepa.
Per
la dote e l’agreo Fedele Maria
Vaccari dichiara di essere contento e pienamente
soddisfatto, ne dà quietanza a suo suocero Sig.
Giovanni Squadrelli
con promessa di mai più addimandarli per causa
di detta dote ed agreo più cosa veruna, promettendo
di tenere, conservare, custodire detti dote ed agreo
e di rendere e restituire ogni cosa alla predetta di lui moglie in caso
di restituzione di dote a norma de Statuti e scritte consuetudini di questa
Patria.
L’atto si chiude con le
firme di Giovanni Squadrelli, di Don Giuseppe Vaccari, di Fedele Maria Vaccari e del notaio Giulio Domenico Calvi. Caterina Squadrelli ed i due testimoni appongono invece un segno
di croce perché illetterati.
Il documento, assieme a numerosi altri stilati dal notaio Calvi, è
conservato presso l’Archivio di Stato
di Alessandria.